Sotto il termine di tappeti etnici o tribali, troviamo una categoria di tappeti e kilim oggi quasi scomparsi, o presenti in quantità molto ridotte rispetto al passato. Le cause di questa dispersione sono riconducibili ai cambiamenti degli stili di vita, ragioni politiche ed economiche, e spesso a causa di conflitti riguardanti le aree dove questi tappeti hanno avuto origine.
Le popolazioni che hanno dato luce a questi tipi di tappeti, sono popolazioni che fino a 30/40 anni fa vivevano ancora dedicandosi alla pastorizia, si spostavano tra un territorio e l’altro, insieme i loro greggi e con le loro tende in cui avevano vissuto e portandosi dietro le loro masserizie fatte di prodotti tipici artigianali, seguendo il ritmo delle stagioni, tra un territorio e l’altro, quasi senza confini.
Il progresso dei paesi di origine di questi manufatti ha di fatto decretato la fine di questi stili di vita ed ha comportato anche la scomparsa dell’arte tessile che di generazione in generazione è stata da sempre tramandata.
Come sopra ricordato, una delle cause della scomparsa dei tappeti etnici e tribali, sono i conflitti, sia interni che esterni. Pensiamo al popolo Curdo che stretto tra quattro stati non ha mai avuto una vita tranquilla. I bellissimi kilim che venivano tessuti nella zona del lago di Van, e che fino agli anni ’80 del secolo scorso si potevano trovare nei bazaar, oggi sono solo un ricordo.
I tappeti di origine tribale si distinguono per la loro semplicità dei disegni, per l’uso dei materiali usati, naturalmente sempre in lana, il modo di tessere e comporre le trame. Disegni generalmente a motivi geometrici, ma anche raffiguranti animali. Nelle tribù nomedi dell’Iran, si possono trovare tappeti raffiguranti leoni, ma anche animali fantastici a due teste. Il leone è simbolo di forza e viene comparato al padrone di casa, così in sua assenza rimane a guardia della stessa.
Altro animale che si ritrova spesso nei tappeti etnici o tribali è il pavone, una simbologia religiosa rappresentata soprattutto nelle regioni Caucasiche, nel Kurdistan e nell’Iran meridionale.
Altro disegno ricorrente è l’albero della vita, rappresentazione comune a molte popolazioni dell’Oriente. Lo si può infatti ritrovare sui tappeti caucasici come sui più modesti manufatti afgani, ma anche su preziosi tappeti di corte.
Spesso i manufatti che venivano annodati erano utilizzati per loro uso e consumo. Non siamo infatti in presenza solo di tappeti o di kilim, ma anche di oggetti come sacche, bisacce, gualappe, borse del sale, ornamenti per le tende, ornamenti nuziali, sofreh, tutti manufatti i cui pezzi più antichi difficilmente sono potuti arrivare fino ai giorni nostri. Ciò che possiamo ancora ritrovare sono oggetti in gran parte annodati nel secolo scorso, e alcuni tappeti, se ben confermati risalenti alla fine dell’800.
Le popolazioni tribali che ci hanno lasciato le loro opere spaziavano in tutta l’Eurasia, dai Curdi della Turchia e dell’Iran settentrionale, alle tribù nomadi dell’Iran: i LURI, i QASKAY, gli SHASAVAN, i BAKTIARI, gli AFSHARI. Le tribù Turkmene delle regioni centrali asitiche quali i TEKKÈ, gli YAMOUT, i SALOR, gli ERSARI, Uzbeki e Kirghizi, i quali non vivevano in confini stabiiti come li conosciamo oggi, ma liberi di sportarsi tra un territorio e l’altro, a volte scavallando passi di montagna di notevole difficoltà.
Queste ultime popolazioni avevano come centri di commercio le città di Bukara e Samarkanda, con i loro effervescenti bazaar, dove si potevano scambiare e acquistare oggetti di uso quuotidiano, oltre ad avere scambi culturali.
Un rapido cenno ai Baluci, una etnia che ha sempre vissuto tra l’Iran e l’Afganistan, e ci vive tuttora, di cui conosciamo i loro tappeti Belucistan, tradizionalmente di piccole dimensioni, che sono entrati nelle case della maggior parte degli italiani tra gli anni ’60 e ’90 del secolo scorso.